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21.06.2018 - La diffusione delle tecnologie digitali porta con se anche lo sviluppo di nuove forme di lavoro che interessano sia l’aspetto organizzativo sia il profilo contrattualistico. Si tratta di una realtà tutta da studiare e in evoluzione. Per approfondire tale materia si è svolta a Roma la due giorni “L’economia delle piattaforme, il lavoro e le imprese” del 14 e 15 giugno organizzata dall’INAPP sul tema del lavoro e dell’impresa nell’emergente economia delle piattaforme. Esperti provenienti da tutto il mondo hanno analizzato le questioni relative all’impatto socio-economico della digitalizzazione e i suoi possibili effetti sull’occupazione attraverso un approccio multidisciplinare.
Ha introdotto i lavori Paola Nicastro, Direttore generale dell’INAPP, che ha sottolineato come i temi oggetto del confronto siano ricchi di aspetti ancora ampiamente inediti, tanto da un punto di vista sociologico ed economico quanto etico e giuridico.
Il Presidente INAPP, Stefano Sacchi, avviando le tre sessioni di lavoro della due giorni, ha richiamato l’attenzione sulla necessità di cercare definizioni e metodologie di studio condivise: “Le piattaforme – ha spiegato - non sono solo Foodora o Deliveroo, anzi, queste sono una parte quantitativamente ridotta del fenomeno e a basso valore aggiunto. Le piattaforme globali come Google, Facebook o Amazon mostrano crescita dei ricavi e valore aggiunto notevoli, di molto superiori alle medie dei settori economici di appartenenza, occupano poco personale e pagano nel nostro paese poche tasse rispetto ai ricavi”.
La prima sessione, dedicata a “L’avvento delle piattaforme digitali: aspetti sociologici, economici ed etici” ha avviato la riflessione a partire dall’intervento della sociologa Juliet Schor del Boston College la quale ha evidenziato come a seguito della crisi economica si siano create nuove forme di lavoro, anche non profit, per condividere spazi e servizi. Grandi numeri di persone – ha detto – soprattutto giovani si sono rivolti a queste piattaforme non avendo un reddito sicuro. Per alcuni si tratta della fonte principale di sostentamento, per altri di un ulteriore introito. Le esigenze sono diverse a seconda della categoria alla quale si appartiene. Le piattaforme stanno aumentando le divergenze nella distribuzione del reddito – ha continuato – si guadagna moltissimo se si è al vertice della gerarchia, si guadagna molto poco se si è ai livelli bassi. Da questo spunto si sono alternati gli interventi di Ivana Pais (università Cattolica del Sacro Cuore di Milano), Angelo Salento (Università del Salento), Roberto Trasarti (CNR) e Maurizio Franzini (Sapienza Università di Roma).
Nel corso della seconda sessione, focalizzata sulle ricerche ed evidenze empiriche attualmente disponibili, è stata presentata da Dario Guarascio, ricercatore dell’Istituto, un’indagine INAPP dedicata a "Le piattaforme digitali in Italia. Un'analisi della dinamica economica e occupazionale": “Google, Facebook e Amazon hanno visto una forte crescita di ricavi e salari per addetto, andando in controtendenza rispetto ai settori nei quali operano. La dinamica occupazionale risulta tuttavia di bassa intensità. Abbiamo inoltre un grosso ricambio di lavoratori. Google e Facebook in Italia contano rispettivamente 195 e 22 dipendenti, per lo più tecnici e manager. Fa eccezione Amazon con 1169 dipendenti, in virtù dell’importante rete di raccolta e smistamento beni di Amazon Logistica”. Sempre nella stessa sessione sono intervenuti: Ruth Collier dell’Università di Berkeley, Giulio Perani (ISTAT), Agnieszka Piasna (ETUI Brussels), Dag Syrdal (Hertfordshire University).
La seconda giornata ha dedicato spazio alle questioni relative alla regolazione e alle relazioni industriali: questioni ancora aperte che richiedono una riflessione condivisa per definire tanto un’agenda di policy quanto di ricerca. Ad introdurre i lavori Gianni Rosas (ILO) e la relazione di Veena Dubal (Università di Hastings), cui sono seguiti gli interventi di Valeria Pulignano (KU Leuven), Michele Faioli (Università di Roma Tor Vergata), Jenine Berg (ILO), Valerio De Stefano (KU Leuven) e Lorenzo Cini (Scuola Normale Superiore).
“Assieme al problema, molto sentito, di come garantire adeguata protezione sociale ai lavoratori della gig economy”, ha concluso il Presidente INAPP Stefano Sacchi, “la questione fondamentale dei prossimi anni è come redistribuire i guadagni di produttività e il valore aggiunto che vengono dal progresso tecnologico. L'alternativa è una società fortemente polarizzata, un modello insostenibile dal punto di vista della necessità di garantire sostegno politico diffuso alle democrazie liberali e incompatibile con la coesione sociale”.